Alla domanda “Chi sei tu?” naturalmente rispondiamo dicendo il nostro nome. Possiamo aggiungere dettagli sulla nostra professione, la nostra provenienza, la nostra età, se siamo genitori o meno, in una relazione oppure no. Non capita mai che qualcuno dica: io sono il mio corpo, io sono le mie mani, le mie gambe, il mio torace, il mio cuore. Eppure, paradossalmente, senza il nostro corpo, senza le nostre mani, gambe, torace, cuore, noi, in realtà, non siamo.
L’Occidente situa nel cervello il centro della nostra esperienza mentale. Crediamo di essere quello che pensiamo e tendiamo a ignorare sensazioni fisiche, tensioni o irrigidimenti muscolari, stati di attivazione che costellano continuamente e inevitabilmente la nostra esperienza, a meno che non diventino dolore o malattia.
Il mondo delle relazioni di aiuto condivide aspetti di questa dicotomia. Gli operatori della salute mentale sanno che lo stress, l’ansia, la depressione, il lutto, il trauma possono precipitare le persone in una serie di sintomi che accadono innanzitutto nel corpo – insonnia, disequilibri alimentari, disregolazione emotiva, senso di pesantezza, apatia, attacchi di panico, ecc. – talvolta con effetti devastanti per la salute fisica.
Eppure c’è la tendenza a credere che questi sintomi possano essere trattati lavorando esclusivamente sul pensiero e l’emozione. Assai di rado si considera il corpo come una fonte di ispirazione o un’area di intervento da contemplare e includere nella stanza della terapia.
Anche quando si riconosca pienamente la fondatezza scientifica di integrare l’aspetto somatico nei processi di cura del disagio e promozione del benessere psicologico, anche quando ci sia consenso intorno all’affermazione che il Sé sia un processo embodied, a volte gli operatori del settore non sanno come andare incontro ai corpi – dinamici, doloranti, pulsanti – dei propri pazienti.
Il workshop è esperienziale e ha l’obiettivo di fornire sia degli spunti teorici che dei primi elementi operativi per incoraggiare gli addetti ai lavori a rintracciare, curare, risvegliare il Sé nel corpo. Una speciale attenzione sarà dedicata al corpo dei partecipanti. La capacità di fare contatto con i propri stati interni e di rintracciarne la controparte somatica è infatti condizione preliminare per promuovere una analoga forma di consapevolezza in chiunque si rivolga all’esperto in cerca di aiuto.
Il workshop è organizzato da Hakomi Mallorca.
l modello di riferimento presentato è l’Hakomi MSP, un approccio psicocorporeo basato sulla Mindfulness, molto diffuso e praticato nel mondo.
L’Hakomi si avvale di un set di strumenti che consentono di porre attenzione agli aspetti somatici della persona – tensioni, impulsi al movimento, posture, atteggiamenti – accanto a ciò che l’individuo già racconta e sa di sé. Esso offre un modello di lavoro profondo che permette di trattare con eleganza e delicatezza anche quelle ferite – difficilmente accessibili con la sola terapia della parola – che possano avere avuto origine nelle prime fasi della vita in normali situazioni di non-sintonizzazione tra bambino e caregiver.
Durante le giornate di presentazione si alterneranno momenti di illustrazione teorica, realizzati con l’ausilio di presentazioni in PowerPoint, e momenti di formazione operativa: demo sessions, esercitazioni a coppie o in piccoli gruppi.
Tutte le esperienze realizzate saranno oggetto di riflessione condivisa nel gruppo nel suo insieme, così che esse possano rappresentare alimento ulteriore all’acquisizione di strumenti e alla condivisione di conoscenza.
NB: il seminario è in inglese
Ti aiuterà a capire perché certe ferite d’amore tendono a ripetersi e perché a volte le relazioni romantiche possono essere così dolorose.